lunedì 13 gennaio 2014

Desirée - Samuele Bersani

Desirée torna in sé dopo un sogno
Svegliandosi tra gli scoiattoli di una città
Su una panchina aspetta l'autobus
E si strofina le mani dal freddo che fa
È una mattina in cui le nuvole battono i taxi in velocità
E le altalene si credon libere di dondolare per propria volontà

Desirée conta sei semafori, otto fermate per scendere
Intanto si fa un viaggio muto con chi ha di fronte e quasi si dimentica della realtà
Per tre fermate ha avuto un complice, un cavaliere pronto a difenderla dai draghi alati

Desirée torna in sé dopo questo ennesimo saggio di danza con la fantasia,
S'incammina in mezzo agli alberi sotto a una pioggia di pezzi di fotografia
In un parcheggio sotterraneo tiene un sasso in mano e accelera un po'
È uno spavento solo momentaneo che si dissolve in un gas di scarico

Desirée sulle scale mobili mentre una radio lontana trasmette "Fast Car"
È circondata da soli uomini tutti replicanti di un'unità
Ma se il deserto prevede un'oasi ecco che da lontano ne vede già i confini...


giovedì 9 gennaio 2014

...and happy new year

Mentre i giornali si fiondano sulle mirabolanti imprese di Schumacher sugli sci, caduto per aiutare una bambina scivolata a terra, una puerpera nel parto e una anziana donna ad attraversare la strada, noi ci fiondiamo a piè pari sull'ultimo film di Luca Miniero (il regista di Benvenuti al Sud per intenderci): Un Boss In Salotto.
La trama è abbastanza scontata, in alcuni tratti lenta e macchinosa, la Finocchiaro è insopportabile come non mai, Luca Argentero il poveruomo della situazione e la Cortellesi ha un accento bergamasco che ti fa voglia di incendiare il verde della bandiera tricolore. E poi c'è Rocco Papaleo. Il boss che dovrebbe essere napoletano ma che con infaticabile tenacia non riesce a staccarsi dalla sua adorata Basilicata. Non fraintendetemi, a me piace Papaleo, ma non parla così un boss della camorra (o presunto tale). Domande ce ne sono molte, come ad esempio il motivo per cui due fratelli, cresciuti in orfanotrofio, abbiano cognomi diversi, o la scelta dello sceneggiatore di iniziare ogni giornata con il training autogeno mirato alla vittoria e al successo nella vita (che poi il figlio grande abbusca regolarmente e la figlioletta cicciottella è un'inetta è un altro paio di maniche). Mi potreste dire: "Se volevi vedere un film preciso, ti andavi a vedere qualche bel mattoncino di Pupi Avati" e avreste pure ragione. Nutrivo troppe aspettative in una classica commedia italiana senza tette, culi e parolacce.

Chiedo venia.