venerdì 29 luglio 2016
Sguinzagliate gli avvocati
…che ci sarà da ridere!
Mi sono imbattuta in una signora che definire “populista” è un eufemismo. Avete presente quelli di “È una vergogna, fate girare!!111!!” su Facebook? Così. Tutto è cominciato durante una serata all’aria aperta, in piacevole compagnia, facendo due chiacchiere con persone che si incontrano per la prima volta. Il caldo, le mezze stagioni, il terrorismo, i migranti. Quest’ordine. Questo perché il terrorismo si fa argomento di quotidiano consumo proprio in relazione alle ondate migratorie. Non perché di terrorismo si parlava anche con le Brigate Rosse o con la strage di Bologna. I terroristi sono stranieri che vengono qua e vengono a piazzare le bombe. Quindi mi sorge spontanea una domanda: “Perché una donna all’ottavo mese di gravidanza dovrebbe attraversare il mediterraneo in condizioni precarie (su un gommone o peggio) per farsi esplodere proprio in Italia? Ma anche ammesso che non si faccia esplodere in Italia, perché dovrebbe mettere a rischio la sua stessa vita prima di arrivare a destinazione e farsi detonare in nome di qualche dio?”. La domanda è, ahimé, venuta fuori. Quindi si chiarisce che non è la quasi partoriente il problema, ma ciò che viene dopo. La futura mamma ha bisogno di cure, quelle cure che i nostri poveri non hanno. E lì mi parte un’altra domanda: “Di quali poveri stiamo parlando? Esiste davvero qualcuno che, in Italia, non ha la possibilità di dare un futuro al proprio figlio e decide ugualmente di metterlo al mondo? Perché, ricordiamo, in Italia c’è la possibilità di abortire, cosa che magari quella futura mamma nel suo Paese non ha avuto. E mettiamo che abbia ugualmente deciso di tenere il bambino, quale nazione impedirebbe ad un bambino di nascere in condizioni dignitose? Sullo Stato non metterei la mano sul fuoco, ma la nostra beneamata Chiesa a qualcosa serve, oltre che a vietare la comunione ai divorziati e ad impedire a persone dello stesso sesso di essere felici gli uni con gli altri.”. E lì è partita l’ignoranza, ma non è un modo di dire. “Una persona che conosco che lavora in un centro per i migranti mi ha detto che buttano le cose che gli danno da mangiare!”. Una persona non meglio identificata ha detto che qualcuno fa qualcosa: mh, precisione di cronaca che manco Studio Aperto. Allora, dall’altro della mia ignoranza dico: “E anche ammesso che sia vero, non è detto che tutti i migranti siano brave persone. Italiani esistono buoni ed esistono cattivi. Ugualmente gli stranieri. Tutto il mondo è paese. E (per ultimare la sagra dello stereotipo con una bella frase fatta) anche noi, negli anni 50, senza andare molto indietro, abbiamo fatto le nostre scorrettezze.”: La mia interlocutrice è sicura: “Ma non a questi livelli!”. Signora, mi scusi, non a questi livelli? Siamo andati in America e abbiamo portato la mafia. Non i pomodori sott’olio. Non le melanzane ripiene. La mafia. Quale sarebbe il livello di cui stiamo parlando? “Ma questi vengono e ci tolgono il lavoro a noi italiani! Mio marito lavora in campagna e non riesce a trovare un posto perché stanno tutti questi immigrati a lavorare!”. E la colpa è di chi dà un lavoro sottopagato a dei ragazzi che si accontentano. Perché un uomo che non ha niente, si accontenta di poco. “Ma anche noi non abbiamo niente! Siamo noi i poveri!”. E, prima che mi parta il vaffa matto e disperatissimo, mi limito a rispondere: “Signora cara, se foste poveri, suo marito non avrebbe quel cellulare in mano. Buona serata.”.
Sono stata sostenuta, in questo discorso, da persone che ragionano e vanno oltre ciò che dice la televisione, Facebook e le voci di chi ha detto che ha sentito che qualcuno ha potuto dire o fare qualcosa chissà dove.
L’essenza sta nella realtà, nei fatti. Il resto è solo rumore.
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