Mentre i giornali si fiondano sulle mirabolanti imprese di Schumacher sugli sci, caduto per aiutare una bambina scivolata a terra, una puerpera nel parto e una anziana donna ad attraversare la strada, noi ci fiondiamo a piè pari sull'ultimo film di Luca Miniero (il regista di Benvenuti al Sud per intenderci): Un Boss In Salotto.
La trama è abbastanza scontata, in alcuni tratti lenta e macchinosa, la Finocchiaro è insopportabile come non mai, Luca Argentero il poveruomo della situazione e la Cortellesi ha un accento bergamasco che ti fa voglia di incendiare il verde della bandiera tricolore. E poi c'è Rocco Papaleo. Il boss che dovrebbe essere napoletano ma che con infaticabile tenacia non riesce a staccarsi dalla sua adorata Basilicata. Non fraintendetemi, a me piace Papaleo, ma non parla così un boss della camorra (o presunto tale). Domande ce ne sono molte, come ad esempio il motivo per cui due fratelli, cresciuti in orfanotrofio, abbiano cognomi diversi, o la scelta dello sceneggiatore di iniziare ogni giornata con il training autogeno mirato alla vittoria e al successo nella vita (che poi il figlio grande abbusca regolarmente e la figlioletta cicciottella è un'inetta è un altro paio di maniche). Mi potreste dire: "Se volevi vedere un film preciso, ti andavi a vedere qualche bel mattoncino di Pupi Avati" e avreste pure ragione. Nutrivo troppe aspettative in una classica commedia italiana senza tette, culi e parolacce.
Chiedo venia.
Nessun commento:
Posta un commento