mercoledì 17 febbraio 2016

Tagliare le etichette


Questa è un'abitudine che ho preso da un po' di tempo. Le etichette iniziano a darmi fastidio. Irritano. Mi provocano insofferenza quando indosso un capo d'abbigliamento, ma ho iniziato anche a ricamarci su una teoria morale. Partiamo dal principio. L'etichetta dovrebbe descrivere il capo acquistato, il modo di lavaggio, il tipo di tessuto, la possibilità che i colori resistano alle alte temperature ed una lunga serie di informazioni che riguardano la cosiddetta “manutenzione”. L'etichetta ci dice come il capo cade su chi lo indossa? No. Ci dice quanti fili sono stati utilizzati per far diventare il maglione quello che è? No. L'etichetta indica a grandi linee quelle che dovrebbero essere le caratteristiche, senza tuttavia entrare nel particolare del singolo abito. Questo significa che ogni capo, a seconda di come lo si “tratta” e del tipo di “storia” che ha, si “comporta” diversamente. 

Ora che ho descritto per bene la funzione dell'etichetta, spostiamo l'attenzione dall'abbigliamento alle persone. Ogni essere umano, volente o nolente, ha una sua personale etichetta scelta per lui dalla società all'interno della quale è inserito. Ognuno di noi non ha la possibilità di scegliere quale etichetta gli altri sceglieranno e spesso capita che neanche ne siamo a conoscenza. Ciò che possiamo essere in grado di controllare sono le etichette che noi stessi mettiamo agli altri, essendone più o meno consapevoli. Le etichette nascondono i giudizi che diamo alle persone, i pregiudizi, gli stereotipi, i pettegolezzi e il tipo di esperienza personale che leghiamo ad un certo individuo o ad una categoria. Entriamo nel dettaglio. L'etichetta Napoletano indica Pizza, Mandolino, Arraffone, Tarantella, Furbo, Disonesto, Maleducato, Camorra, Vesuvio, Immondizia, Criminale. Eppure conosco molti napoletani che non suonano il mandolino, non ballano la tarantella, non fregano il prossimo, non sono maleducati né disonesti né camorristi né criminali, non sono mai stati sul Vesuvio, fanno la raccolta differenziata, ma mangiano la pizza. Perché la pizza la mangiano anche in America, è universale. Si ma i Napoletani sono dei fannulloni, ignoranti e arroganti. Il mio amico Tony è laureato alla Federico II, ha pubblicato un libro che non parla di malavita ed è felice lo stesso. Magari non ha il contratto a tempo indeterminato, ma voi ne avete uno? Allora si parte a parlare dell'hinterland, la provincia, il ghetto, il degrado. Eppure ho un grande amico e collega di Giugliano in Campania che non ha niente a che vedere con lo spaccio, l'abusivismo edilizio, le discariche a cielo aperto e le sparatorie. Ha il suo lavoro, la sua fidanzata, la sua laurea in Psicologia, le sue passioni esattamente come tutti voi che state leggendo. Io stessa ho vissuto a Caivano e conosco ragazzi di Caivano che lavorano, studiano e rispettano la legge. Anzi, si incazzano da morire quando il proprio paese viene associato a Gomorra, alla criminalità organizzata e alla delinquenza in genere. Spostiamoci oltre, perché non sono solo Napoli ed i napoletani ad essere bombardati di etichette. Faccio pubblicamente ammenda per ciò che di offensivo ho detto su Caserta ed i casertani, perché ciò implicherebbe che tutti i casertani, compresi i miei amici di infanzia, le persone che stimo e che continuano a combattere giorno dopo giorno con un sistema che non aiuta nessuno, siano colpevoli dello stesso degrado di cui sono vittime. Esistono senz'altro uomini che vi contribuiscono, ma per fortuna qualcuno ha la capacità di alzare la testa e cercare di svoltare. Mauro è un esempio: vedo spesso ciò che realizza con la compagnia teatrale di cui fa parte e grazie a persone come lui Caserta ha qualche possibilità in più di risollevarsi almeno culturalmente.

Andiamo avanti, però, che la strada è lunga. Da quando sono a Conversano noto una totale avversità verso i baresi. Bari è un casino, su questo non si discute. Per fare 2 km alle 18,30 ci si mette un'ora e mezza in macchina. I baresi abitano su 116 chilometri quadrati. Esistono baresi delinquenti, esistono baresi corretti e lavoratori, esistono baresi che non rispettano neanche casa propria. No, ma non sono tutti i baresi il problema. “Immagina che al corso che ho fatto c'era addirittura uno del Quartiere San Paolo!”. Ok, mia cara conversanese, anche mia madre è del San Paolo. E ti dirò di più, anche mia nonna è del San Paolo. Mio nonno lavorava alle poste e non sparava a nessuno, mia nonna non spacciava, le mie zie sono brave persone. Mia madre pure. Anzi, mia madre conosce quel tipo di gente e si incazza come si incazzano i caivanesi quando si identificano QUELLI DEL SAN PAOLO con i delinquenti. Sono stata fortunata, lo ammetto: aver visto tanti posti, conosciuto tante persone diverse, mi ha aperto gli occhi. Questo discorso può andare avanti ed estendersi a tutte le categorie esistenti: gli omosessuali, gli immigrati, i neri, i cinesi, i comunisti, i rumeni, i rom, gli albanesi e tutti gli altri che vi vengono in mente. Personalmente ho iniziato a tagliare le etichette, perché davvero non servono.

Indossa il maglione, conoscilo, stabilisci un contatto. Se punge o si infeltrisce forse hai solo fatto un lavaggio sbagliato.